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Crimine di Stato e depistaggi

Tratto dall’articolo: Crimine di Stato e depistaggi. Il brillante saggio di Mimmo Franzinelli sul delitto Rosselli apre nuovi scenari e ne mette in luce le analogie con l’attualità”. di Antonio Ghirelli.
Il Sole 24 Ore editore. 13 maggio 2007.

Emergono non pochi elementi attualità in questa complessa ricostruzione del Delitto Rosselli che Mimmo Franzinelli pubblica nelle Scie di Mondadori, descrivendola come «anatomia di un delitto politico». In primo luogo, sotto un profilo storico e ideologico, essa ci richiama alla convulsa crisi in cui e caduta negli ultimi dodici anni la sinistra italiana, inasprendosi, dopo la decisione di Ds e Margherita di dar vita al Partito democratico, una crisi ancor più grave di quella che travolse il movimento socialista nel primo dopoguerra e che proprio i fratelli Rosselli, in particolare Carlo, analizzarono con appassionato rigore traendone la prospettiva di un radicale rinnovamento che, probabilmente,accelerò la decisione diretta o indiretta di Mussolini di lasciare ai “cagoulards” francesi, gli incappucciati ammiratori e complici del fascismo, il compito di liquidarli.

Personalmente, ricordo che nei primi mesi della liberazione di Napoli, quando entrai giovanissimo nella redazione di Radio Napoli gestita dal Psychological Warfare Branch americano, ebbi la sorpresa di ritrovarmi tra le mani due libri italiani stampati negli Stati Uniti e distribuiti come materiale di propaganda per una soluzione dei nostri problemi politici ispirata dalla visione rooseveltiana: Fontamara di Ignazio Silone e Socialismo liberale (per l’appunto) di Carlo Rosselli, un manifesto limpido e geniale che anticipava di anni la svolta dei laburisti inglesi e dei socialdemocratici tedeschi.

Incidentalmente, ed e il secondo richiamo all’attualità implicito nel saggio di Franzinelli, non l’opera ma la figura di Silone, cosi come si e venuta rivelando inquinata da una qualche complicita con l’Ovra, patteggiata forse per amore di un fratello detenuto dai fascisti, viene riproposta in qualche modo da Franzinelli con la desolante documentazione sull’impiego di non pochi componenti di «Giustizia e libertà» come informatori e perfino come orditori di gravissime provocazioni ai danni dei Rosselli, con cui pure dividevano l’esilio e la lotta. Anche su questo aspetto dell’infamia totalitaria (di destra o di sinistra, non importa) le cronache attualici offrono singolari conferme, dal caso di Gunter Grass giovane SS al coinvolgimento di alti prelati polacchi nelle mene del Kgb sovietico; per non parl are di quel genuino capolavoro che ha firmato, sullo stesso tema con il film Le vite degli altri, il giovane regista tedesco Von Donnersmark. Ma il capitolo più agghiacciante del saggio di Franzinelli è quello dell’assassinio dei Rosselli da parte dei “cagoulards” nei pressi della stazione termale di Bagnoles de-l’Orne, un noir politico di selvaggia ferocia, girato i19 giugno 1937. Il delitto maturò nel delirante clima reazionario scatenato dalla paura del Front Populaire e in coincidenza con la rivolta franchista in Spagna; ma anche sulla base di un preciso e spietato calcolo di stretti collaboratori di Mussolini, da Galeazzo Ciano e Anfuso ai capi del Sim, il Servizio segreto militare. Impossibile, allo stato degli atti, affermare se si tratta di un ordine esplicito del Capo o di un complotto ordito per fargli piacere, unpo’ come era successo nel ’24 per Matteotti.

Pare che, quando gli fu riferito quanto era accaduto a Bagnoles, egli abbia mormorato che «non sempre il potere arriva a controllare le azioni dell’apparato che lo rappresenta». Come nel caso Matteotti, una posizione difensiva. «A settant’anni di distanza — scrive comunque Franzinelli — il delitto Rosselli resta una storia italiana di giustizia mancata: crimine senza mandanti, depistaggi di Stato per addossare la responsabilità agli esuli politici, alla massoneria, ai servizi segreti sovietici». La stampa italiana fu mobilitata in quel senso e Giovanni Ansaldo, che allora dirigeva a Livorno il giornale dei Ciano, arrive a scrivere che si trattava «senza dubbio di una soppressione dovuta a odii fra le vane sette estremiste». Sul fronte opposto Salvemini giudice Mussolini come il mandante dell’atroce delitto, ii suo corresponsabile. Sta di fatto che, un mese dopo quello che i “cagoulards” avevano battezzato cinicamente come «l’affair Rossignol», gli assassini ricercati perlomeno formalmente dalla giustizia del loro Paese, trovarono in Italia la fraterna accoglienza del sud che li rifornì anche di armi e di un battello per trasportarle clandestinamente oltre frontiera. Commosso, rappresentante della «Cagoule» proclamo: «Il vostro Duce sara il nostro maestro».

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